La clemenza di Tito, Venezia, Bettinelli, 1737

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
  Camera chiusa con porte, sedia e tavolino con sopra da scrivere.
 
 TITO e PUBLIO
 
 PUBLIO
 Già de' pubblici giuochi
 signor l'ora trascorre. Il dì solenne
 sai che non soffre il trascurargli. È tutto
 colà d'intorno alla festiva arena
1065il popolo raccolto; e non si attende
 che la presenza tua. Ciascun sospira
 dopo il noto periglio
 di rivederti salvo. Alla tua Roma
 non differir sì bel contento.
 TITO
                                                    Andremo
1070Publio fra poco. Io non avrei riposo
 se di Sesto il destino
 pria non sapessi. Avrà 'l Senato ormai
 le sue discolpe udite; avrà scoperto,
 vedrai, ch'egli è innocente; e non dovrebbe
1075tardar molto l'avviso.
 PUBLIO
                                         Ah troppo chiaro
 Lentulo favellò.
 TITO
                               Lentulo forse
 cerca al fallo un compagno
 per averlo al perdono. Ei non ignora
 quanto Sesto m'è caro. Arte comune
1080questa è de' rei. Pur dal Senato ancora
 non torna alcun! Che mai sarà? Va', chiedi
 che si fa, che s'attende. Io tutto voglio
 saper pria di partir.
 PUBLIO
                                       Vado. Ma temo
 di non tornar nunzio felice.
 TITO
                                                    E puoi
1085creder Sesto infedele? Io dal mio core
 il suo misuro; e un impossibil parmi
 ch'egli m'abbia tradito.
 PUBLIO
 Ma signor non han tutti il cor di Tito.
 
    Tardi s'avvede
1090d'un tradimento
 chi mai di fede
 mancar non sa.
 
    Un cor verace,
 pieno d'onore
1095non è portento
 se ogn'altro core
 crede incapace
 d'infedeltà. (Parte)
 
 SCENA II
 
 TITO e poi ANNIO
 
 TITO
 No; così scellerato
1100il mio Sesto non credo. Io l'ho veduto
 non sol fido ed amico,
 ma tenero per me. Tanto cambiarsi
 un'alma non potrebbe. Annio che rechi?
 L'innocenza di Sesto
1105come la tua, di', si svelò? Che dice?
 Consolami.
 ANNIO
                        Ah signor, pietà per lui
 io vengo ad implorar.
 TITO
                                          Pietà! Ma dunque
 sicuramente è reo?
 ANNIO
                                      Quel manto ond'io
 parvi infedele egli mi diè; da lui
1110sai che seppesi il cambio. A Sesto in faccia
 esser da lui sedotto
 Lentulo afferma e l'accusato tace;
 che sperar si può mai?
 TITO
                                            Speriamo, amico,
 speriamo ancora. Agl'infelici è spesso
1115colpa la sorte; e quel che vero appare
 sempre vero non è. Tu n'hai le prove.
 Con la divisa infame
 mi vieni innanzi; ognun t'accusa; io chiedo
 degl'indizi ragion; tu non rispondi.
1120Palpiti, ti confondi... A tutti vera
 non parea la tua colpa? E pur non era.
 Chi sa? Di Sesto a danno
 può il caso unir le circostanze istesse
 o somiglianti a quelle.
 ANNIO
                                           Il ciel volesse.
1125Ma se poi fosse reo?
 TITO
 Ma se poi fosse reo dopo sì grandi
 prove dell'amor mio, se poi di tanta
 enorme ingratitudine è capace,
 saprò scordarmi appieno
1130anch'io... Ma non sarà. Lo spero almeno.
 
 SCENA III
 
 PUBLIO con foglio e detti
 
 PUBLIO
 Cesare nol diss'io? Sesto è l'autore
 della trama crudel.
 TITO
                                     Publio, ed è vero?
 PUBLIO
 Purtroppo; ei di sua bocca
 tutto affermò. Co' complici il Senato
1135alle fiere il condanna. Ecco il decreto
 terribile ma giusto; (Dà il foglio a Tito)
 né vi manca, o signor, che 'l nome augusto.
 TITO
 Onnipotenti dei! (Si getta a sedere)
 ANNIO
 Ah pietoso monarca... (Inginocchiandosi)
 TITO
                                           Annio per ora
1140lasciami in pace. (Annio si leva)
 PUBLIO
                                   Alla gran pompa unite
 sai che le genti ormai...
 TITO
                                             Lo so. Partite. (Publio si ritira)
 ANNIO
 
    Pietà signor di lui.
 So che il rigore è giusto;
 ma norma i falli altrui
1145non son del tuo rigor.
 
    Se a' prieghi miei non vuoi,
 se all'error suo non puoi,
 donalo al cor d'Augusto,
 donalo a te signor. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 TITO solo a sedere
 
 TITO
1150Che orror! Che tradimento!
 Che nera infedeltà! Fingersi amico,
 essermi sempre al fianco, ogni momento
 esigger dal mio core
 qualche pruova d'amore e starmi intanto
1155preparando la morte! Ed io sospendo
 ancor la pena? E la sentenza ancora
 non segno... Ah sì, lo scellerato mora. (Prende la penna per sottoscrivere e poi s’arresta)
 Mora... Ma senza udirlo
 mando Sesto a morir? Sì; già l'intese
1160abbastanza il Senato. E s'egli avesse
 qualche arcano a svelarmi? Olà, s'ascolti (Depone la penna, intanto esce una guardia)
 e poi vada al supplicio. A me si guidi
 Sesto. È pur di chi regna (Parte la guardia)
 infelice il destino! A noi si niega (S’alza)
1165ciò che a' più bassi è dato. In mezzo al bosco
 quel villanel mendico a cui circonda
 ruvida lana il rozzo fianco, a cui
 è mal fido riparo
 dalle ingiurie del ciel tugurio informe,
1170placido i sonni dorme;
 passa tranquillo i dì; molto non brama;
 sa chi l'odia e chi l'ama; unito o solo
 torna sicuro alla foresta, al monte;
 e vede il core a ciascheduno in fronte.
1175Noi fra tante grandezze
 sempre incerti viviam, che in faccia a noi
 la speranza o il timore
 su la fronte d'ognun trasforma il core.
 Chi dall'infido amico, olà, chi mai
1180questo temer dovea?
 
 SCENA V
 
 PUBLIO e TITO
 
 TITO
                                         Ma, Publio, ancora
 Sesto non viene?
 PUBLIO
                                  Ad eseguire il cenno
 già volaro i custodi.
 TITO
                                      Io non comprendo
 un sì lungo tardar.
 PUBLIO
                                     Pochi momenti
 sono scorsi, o signor.
 TITO
                                        Vanne tu stesso;
1185affrettalo.
 PUBLIO
                     Ubbidisco. I tuoi littori (Nel partire)
 veggonsi comparir. Sesto dovrebbe
 non molto esser lontano. Eccolo.
 TITO
                                                            Ingrato!
 All'udir che s'appressa
 già mi parla a suo pro l'affetto antico.
1190Ma no; trovi il suo prence e non l'amico. (Tito siede e si compone in atto di maestà)
 
 SCENA VI
 
 TITO, PUBLIO, SESTO e custodi. Sesto entrato a pena si ferma
 
 SESTO
 (Numi! È quello ch'io miro (Guardando Tito)
 di Tito il volto! Ah la dolcezza usata
 più non ritrovo in lui. Come divenne
 terribile per me!)
 TITO
                                    (Stelle! Ed è questo
1195il sembiante di Sesto? Il suo delitto
 come lo trasformò! Porta sul volto
 la vergogna, il rimorso e lo spavento).
 PUBLIO
 (Mille affetti diversi ecco a cimento).
 TITO
 Avvicinati. (A Sesto con maestà)
 SESTO
                        (Oh voce
1200che mi piomba sul cor!)
 TITO
                                              Non odi? (Come sopra)
 SESTO
                                                                 (Oh dio! (S’avanza due passi e si ferma)
 Mi trema il piè; sento bagnarmi il volto
 di gelido sudore;
 l'angoscia del morir non è maggiore).
 TITO
 (Palpita l'infedel).
 PUBLIO
                                    (Dubbio mi sembra
1205se il pensar che ha fallito
 più dolga a Sesto o se il punirlo a Tito).
 TITO
 (E pur mi fa pietà). Publio, custodi
 lasciatemi con lui.
 SESTO
                                    (No; di quel volto (Parte Publio e le guardie)
 non ho costanza a sostener l'impero). (Tito rimasto solo con Sesto depone l’aria maestosa)
 TITO
1210Ah Sesto, è dunque vero?
 Dunque vuoi la mia morte? E in che t'offese
 il tuo prence, il tuo padre,
 il tuo benefattor? Se Tito augusto
 hai potuto obbliar, di Tito amico
1215come non ti sovvenne? Il premio è questo
 della tenera cura
 ch'ebbe sempre di te? Di chi fidarmi
 in avvenir potrò, se giunse, oh dei,
 anche Sesto a tradirmi? E lo potesti!
1220E il cor te lo sofferse!
 SESTO
                                         Ah Tito, ah mio (Prorompe in un dirottissimo pianto e se gli getta a’ piedi)
 clementissimo prence,
 non più, non più; se tu veder potessi
 questo misero cor, spergiuro, ingrato
 pur ti farei pietà. Tutte ho sugli occhi
1225tutte le colpe mie; tutti rammento
 i benefizi tuoi; soffrir non posso
 né l'idea di me stesso
 né la presenza tua. Quel sacro volto,
 la voce tua, la tua clemenza istessa
1230diventò mio supplicio. Affretta almeno
 affretta il mio morir. Toglimi presto
 questa vita infedel; lascia ch'io versi,
 se pietoso esser vuoi,
 questo perfido sangue a' piedi tuoi.
 TITO
1235Sorgi infelice. (Si leva) (Il contenersi è pena
 a quel tenero pianto). Or vedi a quale
 lagrimevole stato
 un delitto riduce, una sfrenata
 avidità d'impero! E che sperasti
1240di trovar mai nel trono? Il sommo forse
 d'ogni contento? Ah sconsigliato! Osserva
 quai frutti io ne raccolgo;
 e bramalo, se puoi.
 SESTO
                                      No, questa brama
 non fu che mi sedusse.
 TITO
1245Dunque che fu?
 SESTO
                                La debolezza mia,
 la mia fatalità.
 TITO
                              Più chiaro almeno
 spiegati.
 SESTO
                   Oh dio! Non posso.
 TITO
                                                        Odimi, o Sesto;
 siam soli; il tuo sovrano
 non è presente. Apri il tuo cuore a Tito,
1250confidati all'amico. Io ti prometto
 che Augusto nol saprà. Del tuo delitto
 di' la prima cagion; cerchiamo insieme
 una via di scusarti. Io ne sarei
 forse di te più lieto.
 SESTO
                                       Ah la mia colpa
1255non ha difesa.
 TITO
                             In contraccambio almeno
 d'amicizia lo chiedo. Io non celai
 alla tua fede i più gelosi arcani;
 merito ben che Sesto
 mi fidi un suo segreto.
 SESTO
                                            (Ecco una nuova
1260spezie di pena! O dispiacere a Tito,
 o Vitellia accusar!)
 TITO
                                     Dubbiti ancora! (Tito comincia a turbarsi)
 Ma Sesto mi ferisci
 nel più vivo del cor. Vedi che troppo
 tu l'amicizia oltraggi
1265con questo diffidar. Pensaci. Appaga
 il mio giusto desio.
 SESTO
 (Ma qual astro splendeva al nascer mio!)
 TITO
 E taci? E non rispondi? Ah già che puoi
 tanto abusar di mia pietà...
 SESTO
                                                    Signore...
1270Sappi dunque... (Che fo?)
 TITO
                                                  Siegui. (Con impacienza)
 SESTO
                                                                  (Ma quando
 finirò di penar?)
 TITO
                                  Parla una volta;
 che mi volevi dir?
 SESTO
                                    Ch'io son l'oggetto (Con impeto di disperazione)
 dell'ira degli dei, che la mia sorte
 non ho più forza a tollerar, ch'io stesso
1275traditor mi confesso, empio mi chiamo,
 ch'io merito la morte e ch'io la bramo. (Tito ripiglia l’aria di maestà)
 TITO
 Sconoscente! E l'avrai. Custodi, il reo
 toglietemi dinanzi. (Alle guardie che saranno uscite)
 SESTO
                                       Il bacio estremo
 su quella invitta man...
 TITO
                                             Parti. (Non lo concede)
 SESTO
                                                          Fia questo
1280l'ultimo don. Per questo solo istante
 ricordati, signor, l'amor primiero.
 TITO
 Parti; non è più tempo. (Senza guardarlo)
 SESTO
                                              È vero, è vero.
 
    Vo disperato a morte;
 né perdo già costanza
1285a vista del morir.
 
    Funesta la mia sorte
 la sola rimembranza
 ch'io ti potei tradir. (Parte con le guardie)
 
 SCENA VII
 
 TITO solo
 
 TITO
 E dove mai s'intese
1290più contumace infedeltà? Poteva
 il più tenero padre un figlio reo
 trattar con più dolcezza? Anche innocente
 d'ogn'altro error, saria di vita indegno
 per questo sol. Deggio alla mia negletta
1295disprezzata clemenza una vendetta. (Va con isdegno verso il tavolino e s’arresta)
 Vendetta! Ah Tito! E tu sarai capace
 d'un sì basso desio che rende eguale
 l'offeso all'offensor? Merita invero
 gran lode una vendetta, ove non costi
1300più che il volerla. Il torre altrui la vita
 è facoltà comune
 al più vil della terra; il darla è solo
 de' numi e de' regnanti. Eh viva... Invano
 parlan dunque le leggi? Io lor custode
1305l'eseguisco così? Di Sesto amico
 non sa Tito scordarsi? Han pur saputo
 obbliar d'esser padri e Manlio e Bruto.
 Sieguansi i grandi esempi. (Siede) Ogn'altro affetto
 d'amicizia e pietà taccia per ora.
1310Sesto è reo; Sesto mora. (Sottoscrive) Eccoci alfine
 su le vie del rigore. (S’alza) Eccoci aspersi
 di cittadino sangue. E s'incomincia
 dal sangue d'un amico. Or che diranno
 i posteri di noi? Diran che in Tito
1315si stancò la clemenza
 come in Silla e in Augusto
 la crudeltà; forse diran che troppo
 rigido io fui, ch'eran difese al reo
 i natali e l'età, che un primo errore
1320punir non si dovea, che un ramo infermo
 subito non recide
 saggio cultor, se a risanarlo invano
 molto pria non sudò, che Tito alfine
 era l'offeso e che le proprie offese,
1325senza ingiuria del giusto,
 ben poteva obbliar... Ma dunque io faccio
 sì gran forza al mio cor; né almen sicuro
 sarò ch'altri m'approvi! Ah non si lasci
 il solito cammin. Viva l'amico (Lacera il foglio)
1330benché infedele. E se accusarmi il mondo
 vuol pur di qualche errore,
 m'accusi di pietà, non di rigore. (Getta il foglio lacerato)
 Publio.
 
 SCENA VIII
 
 TITO e PUBLIO
 
 PUBLIO
                 Cesare.
 TITO
                                 Andiamo
 al popolo che attende.
 PUBLIO
                                          E Sesto?
 TITO
                                                            E Sesto
1335venga all'arena ancor.
 PUBLIO
                                          Dunque il suo fato...
 TITO
 Sì, Publio, è già deciso.
 PUBLIO
                                             (Oh sventurato!)
 TITO
 
    Se all'impero, amici dei,
 necessario è un cor severo,
 o togliete a me l'impero
1340o a me date un altro cor.
 
    Se la fé de' regni miei
 con l'amor non assicuro,
 d'una fede io non mi curo
 che sia frutto del timor. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 VITELLIA uscendo dalla porta opposta richiama PUBLIO che seguiva Tito
 
 VITELLIA
1345Publio, ascolta.
 PUBLIO
                              Perdona; (In atto di partire)
 deggio a Cesare appresso
 andar...
 VITELLIA
                  Dove?
 PUBLIO
                                 All'arena. (Come sopra)
 VITELLIA
                                                     E Sesto?
 PUBLIO
                                                                       Anch'esso.
 VITELLIA
 Dunque morrà?
 PUBLIO
                                 Purtroppo. (Come sopra)
 VITELLIA
                                                       (Aimè!) Con Tito
 Sesto ha parlato?
 PUBLIO
                                  E lungamente.
 VITELLIA
                                                               E sai
1350quel ch'ei dicesse?
 PUBLIO
                                     No; solo con lui
 restar Cesare volle; escluso io fui. (Parte)
 
 SCENA X
 
 VITELLIA e poi ANNIO e SERVILIA da diverse parti
 
 VITELLIA
 Non giova lusingarsi;
 Sesto già mi scoperse. A Publio istesso
 si conosce sul volto. Ei non fu mai
1355con me sì ritenuto; ei fugge; ei teme
 di restar meco. Ah secondato avessi
 gl'impulsi del mio cor. Per tempo a Tito
 dovea svelarmi e confessar l'errore.
 Sempre in bocca d'un reo che la detesta,
1360scema d'orror la colpa. Or questo ancora
 tardi saria. Seppe il delitto Augusto
 e non da me. Questa ragione istessa
 fa più grave...
 SERVILIA
                            Ah Vitellia!
 ANNIO
                                                   Ah principessa!
 SERVILIA
 Il misero germano...
 ANNIO
                                        Il caro amico...
 SERVILIA
1365È condotto a morir.
 ANNIO
                                      Fra poco in faccia
 di Roma spettatrice
 delle fiere sarà pasto infelice.
 VITELLIA
 Ma che posso per lui?
 SERVILIA
                                          Tutto. a' tuoi prieghi
 Tito lo donerà.
 ANNIO
                              Non può negarlo
1370alla novella augusta.
 VITELLIA
                                       Annio, non sono
 augusta ancor.
 ANNIO
                              Pria che tramonti il sole
 Tito sarà tuo sposo. Or, me presente,
 per le pompe festive il cenno ei diede.
 VITELLIA
 (Dunque Sesto ha tacciuto! Oh amore! Oh fede!)
1375Annio, Servilia andiam... (Ma dove corro
 così senza pensar?) Partite amici,
 vi seguirò.
 ANNIO
                       Ma se d'un tardo aiuto
 Sesto fidar si dee, Sesto è perduto. (Parte)
 VITELLIA
 Precedimi tu ancora. Un breve istante (A Servilia)
1380sola restar desio.
 SERVILIA
                                  Deh non lasciarlo
 nel più bel fior degli anni
 perir così. Sai che finor di Roma
 fu la speme e l'amore. Al fiero eccesso
 chi sa chi l'ha sedotto? In te sarebbe
1385obbligo la pietà; quell'infelice
 t'amò più di sé stesso; avea fra' labbri
 sempre il tuo nome; impallidia qualora
 si parlava di te. Tu piangi!
 VITELLIA
                                                   Ah parti.
 SERVILIA
 Ma tu perché restar? Vitellia ah parmi...
 VITELLIA
1390Oh dei, parti, verrò, non tormentarmi.
 SERVILIA
 
    S'altro che lagrime
 per lui non tenti,
 tutto il tuo piangere
 non gioverà.
 
1395   A questa inutile
 pietà che senti
 oh quanto è simile
 la crudeltà. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 VITELLIA sola
 
 VITELLIA
 Ecco il punto, o Vitellia,
1400d'esaminar la tua costanza. Avrai
 valor che basti a rimirare esangue
 il tuo Sesto fedel? Sesto che t'ama
 più della vita sua? Che per tua colpa
 divenne reo? Che t'ubbidì crudele?
1405Che ingiusta t'adorò? Che in faccia a morte
 sì gran fede ti serba? E tu fra tanto
 non ignota a te stessa andrai tranquilla
 al talamo d'Augusto? Ah mi vedrei
 sempre Sesto d'intorno. E l'aure e i sassi
1410temerei che loquaci
 mi scoprissero a Tito. a' piedi suoi
 vadasi il tutto a palesar; si scemi
 il delitto di Sesto
 se scusar non si può. Speranze addio
1415d'impero e d'imenei. Nutrirvi adesso
 stupidità saria. Ma, pur che sempre
 questa smania crudel non mi tormenti,
 si gettin pur l'altre speranze a' venti.
 
    Getta il nocchier talora
1420pur que' tesori all'onde
 che da rimote sponde
 per tanto mar portò.
 
    E giunto al lido amico
 gli dei ringrazia ancora
1425che ritornò mendico
 ma salvo ritornò. (Parte)
 
 SCENA XII
 
  Luogo magnifico che introduce a vastissimo anfiteatro di cui per diversi archi scuopresi la parte interna. I sedili dell’anfiteatro suddetto saranno ripieni di numeroso popolo spettatore e si vedranno già nell’arena i complici della congiura condannati alle fiere.
 
 Nel tempo che si canta il seguente coro, preceduto da’ littori, circondato da’ senatori e patrizi romani e seguito da’ pretoriani, esce TITO e poco dopo ANNIO e SERVILIA da diverse parti
 
 CORO
 
    Che del ciel, che degli dei
 tu il pensier, l'amor tu sei,
 grand'eroe, nel giro angusto
1430si mostrò di questo dì.
 
    Ma cagion di meraviglia
 non è già, felice Augusto,
 che gli dei chi lor somiglia
 custodiscano così.
 
 TITO
1435Pria che principio a' lieti
 spettacoli si dia, custodi, innanzi
 conducetemi il reo. (Più di perdono
 speme ei non ha. Quanto aspettato meno,
 più caro esser gli dee).
 ANNIO
                                            Pietà signore.
 SERVILIA
1440Signor, pietà.
 TITO
                            Se a chiederla venite
 per Sesto, è tardi. È il suo destin deciso.
 ANNIO
 E sì tranquillo in viso
 lo condanni a morir!
 SERVILIA
                                        Di Tito il core
 come il dolce perdé costume antico?
 TITO
1445Ei s'appressa; tacete.
 SERVILIA
                                         Oh Sesto!
 ANNIO
                                                             Oh amico!
 
 SCENA XIII
 
 PUBLIO e SESTO fra’ littori, poi VITELLIA, e detti
 
 TITO
 Sesto de' tuoi delitti
 tu sai la serie e sai
 qual pena ti si dee. Roma sconvolta,
 l'offesa maestà, le leggi offese,
1450l'amicizia tradita, il mondo, il cielo
 voglion la morte tua. De' tradimenti
 sai pur ch'io son l'unico oggetto; or senti...
 VITELLIA
 Eccoti eccelso Augusto, (Inginocchiandosi)
 eccoti al piè la più confusa...
 TITO
                                                     Ah sorgi,
1455che fai? Che brami?
 VITELLIA
                                        Io ti conduco innanzi
 l'autor dell'empia trama.
 TITO
                                                Ov'è? Chi mai
 preparò tante insidie al viver mio?
 VITELLIA
 Nol crederai.
 TITO
                           Perché?
 VITELLIA
                                            Perché son io.
 TITO
 Tu ancora?
 SESTO, SERVILIA
                        Oh stelle!
 ANNIO, PUBLIO
                                            O numi!
 TITO
                                                              E quanti mai
1460quanti siete a tradirmi!
 VITELLIA
                                              Io la più rea
 son di ciascuno; io meditai la trama;
 il più fedele amico
 io ti sedussi; io del suo cieco amore
 a tuo danno abusai.
 TITO
                                       Ma del tuo sdegno
1465chi fu cagion?
 VITELLIA
                             La tua bontà. Credei
 che questa fosse amor. La destra e il trono
 da te speravo in dono e poi negletta
 restai due volte e procurai vendetta.
 TITO
 (Ma che giorno è mai questo! Al punto istesso
1470che assolvo un reo, ne scuopro un altro! E quando
 troverò giusti numi
 un'anima fedel? Congiuran gli astri
 cred'io per obbligarmi a mio dispetto
 a diventar crudel. No; non avranno
1475questo trionfo. A sostener la gara
 già s'impegnò la mia virtù. Vediamo
 se più costante sia
 l'altrui perfidia o la clemenza mia).
 Olà, Sesto si sciolga; abbia di nuovo
1480Lentulo e i suoi seguaci
 e vita e libertà; sia noto a Roma
 ch'io son l'istesso e ch'io
 tutto so, tutti assolvo e tutto obblio.
 ANNIO, PUBLIO
 Oh generoso!
 SERVILIA
                            E chi mai giunse a tanto?
 SESTO
1485Io son di sasso!
 VITELLIA
                               Io non trattengo il pianto.
 TITO
 Vitellia, a te promisi
 la destra mia ma...
 VITELLIA
                                     Lo conosco Augusto,
 non è per me; dopo un tal fallo, il nodo
 mostruoso saria.
 TITO
                                 Ti bramo in parte
1490contenta almeno. Una rival sul trono
 non vedrai, tel prometto. Altra io non voglio
 sposa che Roma; i figli miei saranno
 i popoli soggetti;
 serbo indivisi a lor tutti gli affetti.
1495Tu d'Annio e di Servilia
 agl'imenei felici unisci i tuoi,
 principessa, se vuoi. Concedi pure
 la destra a Sesto; il sospirato acquisto
 già gli costa abbastanza.
 VITELLIA
                                              Infin ch'io viva
1500fia sempre il tuo voler legge al mio core.
 SESTO
 Ah Cesare, ah signore! E poi non soffri
 che t'adori la terra? E che destini
 tempi il Tebro al tuo nume? E come e quando
 sperar potrò che la memoria amara
1505de' falli miei...
 TITO
                              Sesto non più; torniamo
 di nuovo amici; e de' trascorsi tuoi
 non si parli più mai. Dal cor di Tito
 già cancellati sono;
 me gli scordo, t'abbraccio e ti perdono.
 CORO
 
1510   Che del ciel, che degli dei
 tu il pensier, l'amor tu sei,
 grand'eroe, nel giro angusto
 si mostrò di questo dì.
 
    Ma cagion di meraviglia
1515non è già, felice Augusto,
 che gli dei chi lor somiglia
 custodiscano così.
 
 IL FINE DELL’ATTO TERZO
 
 
 LICENZA
 
 Non crederlo signor; te non pretesi
 ritrarre in Tito. Il rispettoso ingegno
1520sa le sue forze a pieno
 né a questo segno io gli rallento il freno.
 Veggo ben che ciascuno
 ti riconobbe in lui; so che tu stesso
 quegli affetti clementi
1525che in sen Tito sentiva in sen ti senti;
 ma, Cesare, è mia colpa
 la conoscenza altrui?
 È colpa mia che tu somigli a lui?
 Ah vieta invitto Augusto,
1530se le immagini tue mirar non vuoi,
 vieta alle muse il rammentar gli eroi.
 
    Sempre l'istesso aspetto
 ha la virtù verace;
 benché in diverso petto
1535diversa mai non è.
 
    E ogni virtù più bella
 se in te signor s'aduna,
 come ritrarne alcuna
 che non somigli a te?
 
 FINE